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III Domenica di Pasqua. 6 aprile 2008

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III Domenica di Pasqua. 6 aprile 2008 Empty III Domenica di Pasqua. 6 aprile 2008

Messaggio Da don Giorgio Zampini Mer Apr 09, 2008 3:20 pm

Se guardiamo lo stile dei discepoli di Emmaus, il modo con cui stanno percorrendo la strada insieme, non è poi un’esperienza molto diversa dalle nostre. Essi camminano, conversano, discutono, di quanto è avvenuto a Gerusalemme. Se guardiamo a noi ogni giorno o per lo meno quando ne abbiamo l’occasione cerchiamo di parlare di ciò che sta veramente a cuore a noi e alla gente. Se facciamo un esempio ciò che ci sta abbastanza a cuore sono le prossime elezioni, ciò che ci sta veramente a cuore è il fatto di riuscire ad arrivare in fondo al mese “senza magari avere il taccuino con le fodere che si toccano”. E si parla e si discute talvolta anche animatamente e poi surriscaldati dai numerosissimi discorsi si andrà a votare cercando di essere riconoscenti almeno a chi, per aver questa possibilità, ha dato la vita perché oggi potessimo essere “liberi” di scegliere chi deve governarci.
A Gerusalemme e in tutta quella regione in cui questi problemi non sussistevano, parlavano invece del Cristo, e dai circoli più interni ai mercati, nel cenacolo, tutti parlavano di quel “morto” che ha scatenato di tutto e di più. I sacerdoti dovevano pensare a ricostruire il velo del tempio, alcuni le proprie case a causa del terremoto … e i discepoli tremavano per la sorte che sarebbe loro riservata.
Erano argomenti caldi, lo dimostra, se vogliamo, anche la meta dei nostri due discepoli che sono in cammino verso Emmaus, cioè verso quel luogo che si chiama “Fontana Calda”. Ciò significa che la morte e la risurrezione di Gesù era destinata ad essere come una fontana da dove scende quest’acqua in continuazione, ma un’acqua calda e perciò un argomento che riscaldava gli animi. Chissà cosa è successo, cosa vuol dire…
Ma il cammino dei discepoli è segnato anche da un atteggiamento interiore che ci accomuna: lo scoraggiamento. Loro perché non pensavano una cosa simile, noi perché nonostante i nostri desideri sappiamo già che anche la prossima legislatura sarà come questa.
Ecco qui allora che dobbiamo ricordarci ciò che è veramente essenziale per la vita: riconoscere la presenza del Cristo.
L’uomo è sempre in cammino come Cleopa e noi lo accompagniamo, ma dobbiamo stare attenti a non cadere nella depressione della fede o della vita.
Ci soffermiamo per un po’ a guardare questi due discepoli, nostri compagni di viaggio nella vita di fede, per cercare di porci alcune domande necessarie per la vita.
Il Vangelo dice conversavano tra loro. In greco il termine significa fare l’omelia, cioè si parla di ciò che sta a cuore. Ecco allora una prima domanda necessaria per vivere la Pasqua: a noi sta a cuore Cristo? Ci chiediamo talvolta perché crediamo… perché proprio in Dio? E’ necessario altrimenti il rischio è quello di abituarci a credere nel Dio di Gesù Cristo, non lasciandoci coinvolgere dal suo amore e allora rimane ai margini della nostra esistenza.
Non solo conversavano, ma discutevano insieme. La discussione implica un minimo di divisione . Vedete, il non essere motivati nel credere, pur essendo cristiani, pur dicendo di essere di Cristo, non porta all’unità in Lui, nonostante tutto il legame con Lui, si rischia di vivere una fede individualista. Si cammina pure insieme, ma non si arriva a comprendere la bellezza del credere e si continua a discutere.
A volte per portare avanti un’attività, ad esempio, l’unico assente è proprio Cristo. Ma questo può avvenire anche in casa.
Ed allora si può avere il volto triste, che non è il volto trasfigurato di Cristo. Se è così non abbiamo ancora fatto Pasqua, come si dice.
E quante volte, purtroppo, dobbiamo riconoscerci stolti e lenti di cuore di fronte alle grandi meraviglie di Dio che possiamo gustare durante questa vita: un incontro con una persona, un desiderio da concretizzare, donarsi per il bene di altri, tutte occasioni da vivere con Dio e noi lo lasciamo fuori, quasi che la nostra vita non fosse affar suo.
La stoltezza è l’essere impermeabili alla verità di Dio che noi conosciamo perché l’ha detta Gesù per noi, è scritta nei Vangeli, nella tradizione della Chiesa; la lentezza di cuore: è la patologia di chi vuole fare da solo e cade sotto il peso delle preoccupazioni grandi o piccole della vita.
Lo riconobbero nello SPEZZARE IL PANE. Ecco il grande respiro, la verità per la nostra esistenza, la salvezza dalle nostre preoccupazioni. L’Eucaristia.
Allora si che si può avere il coraggio di camminare sereni non scadendo nei disvalori e negli egoismi della vita, allora si che il volto non è più triste, ma gioioso, perché sereno, contento, un volto che esprime l’amore impresso nel cuore dal pane della vita, dal corpo di Cristo. Allora si che con la nostra vita arriviamo ad annunciare il Signore perché scopriamo che è Dio che fa nella nostra esistenza. Cristo non è risorto, ma è stato risuscitato; lo Spirito Santo è stato donato, è Dio che ci offre la possibilità di vivere bene e per questo è necessario riconoscerlo.
Qui dunque si inserisce il discorso di Pietro che annuncia tutto questo non a persone straniere ma ai Giudei, cioè a quel popolo che è il depositario delle promesse di Dio e con stile rabbinico vuole incoraggiarli a credere unendo insieme vari passi della Sacra Scrittura per arrivare a far comprendere come Gesù sia il compimento di Davide, come il Cristo sia stato annunciato dalla Scrittura proprio come è avvenuto in quel giorno di Pasqua che ha stravolto il mondo di allora, dove pur nella tranquillità dei cammini degli uomini privi di internet “i messaggi di agenzia” arrivano nelle varie parti della terra.
E Pietro oggi lo ripete anche a noi quel messaggio forte che Dio ha risuscitato il suo Figlio Gesù Cristo affinchè risvegliamo la nostra fede e facciamo in modo che il Risorto, il Dio Vivente possa essere parte della nostra vita, della nostra famiglia, della nostra comunità.
E’ chiaro che non sono solo parole. Oggi vuol dire cambiare anche modalità di vita, significa scegliere il futuro con Lui, non senza di Lui, per una mamma o un papà vuol dire la forza di educare i propri figli non da soli, ma insegnando con Dio i veri valori dell’esistenza di oggi che pur cambiando nelle sue espressioni non può non rimanere attaccata ai pilastri della vera esistenza che sono in Dio e di Dio. Per un giovane vuol dire scegliere il futuro non navigando nell’incertezza e nel pressapochismo, ma avere il coraggio di chiedere aiuto all’unica certezza al mondo: lo Spirito di Dio. Per tutti vuol dire dare il giusto posto a Dio nella propria vita.
Non da soli, ma con Dio, trovandosi allo spezzar del pane per essere uniti come popolo di Dio, per trovare unità nella propria vita tra passato, presente e futuro, per cercare alla fine di essere capaci di incarnare almeno un po’ l’amore di Dio.
Chiediamo con le stesse parole di Pietro che la nostra fede e la nostra speranza siano rivolte a Dio, perché solo in Lui c’è salvezza.
Non a prezzo di oro o di argento, o di euro si conquista la vita, ma solo con l’incontro vero con Cristo che si affianca e sa veramente come è stata e sarà la nostra storia personale e dell’umanità.
Quanto sarebbe veramente migliore il mondo, ma tocca a noi fare i primi passi.
Buon cammino di vita con Cristo risorto.
don Giorgio Zampini
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