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V domenica di Pasqua. Pescantina, 20 aprile 2008

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Messaggio Da don Giorgio Zampini Lun Apr 21, 2008 3:18 pm

Che dire di fronte a tesori così preziosi di pagine bibliche che ci porterebbero se meditate, contemplate e vissute, a compiere veramente una delle opere più grandi, come ricordava Gesù nel Vangelo, che consiste in una fede forte, coraggiosa, a 360°, a braccia aperte in un abbandono totale e filiale al nostro Padre dei cieli.
Cercheremo di trovare solo qualche spunto guardando subito in profondità questa Parola di Dio che abbiamo ascoltato. Essa contiene la radice del nostro essere semplicemente discepoli di Cristo, cristiani. Infatti con due parole teologiche si mette in risalto il messaggio che è contenuto fra queste righe: SACERDOZIO REGALE.
Pietro lo ricorda nella sua lettera: “Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, … quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”.
Che cos’è dunque questo sacerdozio regale! La settimana scorsa abbiamo celebrato la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni alla vita consacrata a Dio per i fratelli, fra cui anche la vocazione al sacerdozio ministeriale, cioè quello che riguarda i presbiteri e i vescovi, oggi siamo chiamati a riflettere sull’altro sacerdozio, quello comune, di tutti, e per tutti. E’ uno dei tre doni che ci viene offerto nel giorno del nostro Battesimo, insieme al dono di essere profeti e re e noi rendiamo grazie al Signore ogni volta che celebriamo l’Eucaristia perché ci dà la gioia di compiere il servizio sacerdotale. Spesso si pensa che ciò riguarda i preti, non è così! In realtà riguarda ciascun battezzato. Questi tre doni l’essere profeti, re, sacerdoti vengono poi incrementati durante i sacramenti dell’iniziazione cristiana di modo che attualmente un cristiano, che ha ricevuto la Cresima, possa vivere fedelmente e con frutto questi tre doni.
Infatti negli Atti degli Apostoli si parla del ministero compiuto da sette uomini scelti nella comunità per compiere il servizio di essere fra i fratelli dei re e dei profeti. Cosa significa questo? Essere re sull’esempio di Cristo Re, cioè capaci di trovare del tempo per curare nel caso della prima comunità cristiana le vedove, ma anche per curare chi è in necessità. Significa servire gli altri nella gratuità perché gratuitamente ci è stato dato il grande dono di essere re. Ecco allora da chi cura le pulizie della Chiesa, a chi ha altri incarichi, come catechista, animatore, ministrante, cantore, il servizio in famiglia, un servizio che si può fare anche al lavoro… tutti sono re che servono gli altri e, tutti sullo stesso piano, senza differenze o gelosie o invidie. Tutti re! E si può far questo quando si ha nel cuore la Parola di Dio. Altrimenti non si serve nessuno, anzi, si creano malumori, gelosie, non si riesce più a vivere il nostro essere cristiani. Del resto mormoravano anche a Gerusalemme. Certo quello di Gerusalemme era molto più serio del nostro mormorio parrocchialesco, però era determinato dal fatto che ormai con la crescita del numero dei cristiani non si riusciva più a far fronte a tutte le necessità e anche le classi sociali più deboli non venivano aiutate col rischio di non rispettare la Parola di Dio che proprio nel libro del Deuteronomio raccomanda l’assistenza ai più deboli fra cui emergono le vedove e gli orfani, considerati maledetti e perciò accantonati.
Dunque profeti, sacerdoti e re, per il bene della comunità cristiana, della Chiesa, nella quale si è chiamati ad essere ad immagine e somiglianza del Cristo Re che ha servito l’uomo fino a dare la sua vita sul trono della Croce.
Da qui scaturiscono numerosissimi inviti per un impegno sempre maggiore nella comunità, nella famiglia, secondo lo stile di Dio che troviamo scritto nella Bibbia, stile le cui caratteristiche prime sono la fedeltà alla Parola di Dio e la gratuità, servizio senza misure.
Nessun altra caratteristica deve avere un gruppo parrocchiale o una comunità cristiana o una famiglia.
Tutto ciò si chiede quando si celebra insieme all’altare del Signore perché come ci ricordava Egli stesso è Lui LA VIA, LA VERITA’, LA VITA.
Occorre osservare l’articolo LA. Non una via, una verità, una vita, ma LA VIA, LA VERITA’, LA VITA.
Egli è LA VIA: se vogliamo ritornare alla casa paterna verso la quale siamo in cammino è necessario percorrere con Gesù i tratti che rimangono.
Egli è LA VERITA’: attraverso di Lui si comprende chi è il Padre, il suo Volto, la sua volontà. Un cristiano non ha altre verità da seguire. Non si può essere come le bandiere: un po’ cristiani, un po’ laicisti, un po’ indifferenti. No! Un cristiano sa quale è la Verità ed è chiamato a conoscerla sempre di più. Noi potremo dare la risposta a quella famosa domanda di Pilato: “Cos’è la verità?”. Potremo dire ai Pilato di oggi, a quegli uomini codardi che vorrebbero governare il mondo da signori e padroni, ma alla fine non hanno mai il coraggio di scegliere il bene come è successo a Pilato, che la verità non è una cosa, ma una persona, è Cristo!
Ed allora questo deve emergere dai cristiani che talvolta rischiano di cambiare la propria identità da cristiana a pilatiana, e così si cade nell’indifferenza della fede, nel non sentirsi parte della Chiesa, di non essere qui a celebrare LA VITA dell’uomo, intendendo con questo la vita personale, e la vita di TUTTI. L’essere sacerdoti, re e profeti non è mai per l’individualismo, ma è per la comunità, per la Chiesa.
Infatti solo celebrando il mistero di Cristo che ha vissuto e donato e si dona a noi oggi nell’Eucaristia si può comprendere LA VITA
Il cuore non può far girare il sangue dell’amore e il cervello si indebolisce a tal punto da non sentire più la voce della coscienza e si sceglie la morte dello spirito che abita in noi.
E’ ciò che accade a chi ricordava Pietro non crede più, non ha saputo o peggio ancora ha scelto di non portare avanti il suo sacerdozio regale e “la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola”, alla Verità. Ed allora nonostante il clima festoso della Pasqua che celebriamo in queste domeniche il cuore si fa triste al pensiero di chi giovane o adulto è caduto nella menzogna, nella falsità del vivere quotidiano e quel bene che vivono non riescono comprendere che è seminato da Dio e per questo non lo ringraziano e non lo coltivano rimanendo senza Eucaristia.
Cerchiamo perciò di continuare a costruire una comunità che sia veramente secondo lo stile di Cristo, perché chi è lontano possa avvicinarsi non tanto a noi ma a Cristo, guardando e ammirando le pietre vive che siamo noi e che formiamo questa nostra Chiesa di Pescantina, pietre scelte, preziose, perché il nostro valore non viene da noi ma da Colui che con noi è la pietra angolare affinchè non cadiamo nell’oblio dell’egoismo.
Non è una comunità ideale, ma una comunità possibile, e per far ciò occorre pazienza, formazione spirituale attraverso l’ascolto, la meditazione e la condivisione della Parola di Dio nei vari ambiti della catechesi, della preghiera personale e comunitaria, e poi non ultima l’Eucaristia, l’incontro con Cristo, l’unico che può dire anche oggi: IO SONO, cioè Dio, Colui che opera con gli uomini suoi figli perché questo nostro mondo diventi sempre più il giardino “incantevole” della creazione. Cristo viene ancora prima degli euro e delle promesse che vengono dai megafoni che promettono sogni che talvolta non si realizzano. Cristo invece fa comprendere il vero senso del perché viviamo e siamo presenti oggi su questa terra.
Tutti noi abbiamo ricevuto un’imposizione delle mani che indica il nostro essere stati incorporati a Cristo e abilitati ad esercitare la funzione di genitori, di ragazzi, di giovani, di adulti, di anziani nella comunità di oggi.
Ne sono stati scelti sette, oggi siamo moltissimi per portare Cristo ai fratelli ed occorre ascoltare l’incoraggiamento di Gesù all’inizio del brano di oggi: “Non sia turbato il vostro cuore, [cioè non pensi di non poter o dover far nulla per migliorare questa nostra umanità]. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.”
Ed è necessaria una fede forte per dare un futuro sicuro ai più giovani, per generare famiglie vere, per aver il coraggio di mettere sempre Cristo come punto di riferimento della propria vita, anche quando il suo esempio ci chiede delle rinunce più o meno grandi, ma sappiamo che con Lui anche la rinuncia più grande diventerà dono.
Come dice una frase nel rito di ordinazione e in altre occasioni solenni: “Dio porti a compimento l’opera che ha iniziato in te”. Al posto di te ci mettiamo un bel noi così da poter aggiungere un per gli altri, così da essere sempre più Chiesa viva e speranza per il domani per questa nostra comunità di Pescantina.
don Giorgio Zampini
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