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VI domenica di Pasqua. Pescantina, 27 aprile 2008

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Messaggio Da don Giorgio Zampini Lun Apr 28, 2008 6:03 pm

Siamo ormai in attesa dello Spirito Santo che rinnoverà ancora la faccia della Terra in questa prossima Pentecoste 2008.
E’ perciò necessario invocarLo, supplicarLo dal Signore, perché siano molti i cristiani e anche i non cristiani, capaci di accorgersi della sua presenza nel mondo e così possiamo aderire e convertire il nostro cuore al Signore.
Si, è necessario invocare il dono dello Spirito guardando ai fatti accaduti in Samaria perché la predicazione di Filippo fu il motivo per iniziare per quel popolo la piena vita con Dio.
Essi hanno visto secoli di lotte, di divisione, non riconoscevano nel Tempio di Gerusalemme la loro dimora erano considerati eretici dai giudei, erano in attesa permanente del Messia Restauratore, per porre fine a queste battaglie con Israele.
Così ora la speranza della donna Samaritana al pozzo di Giacobbe, come abbiamo ascoltato in Quaresima, diviene realtà, attraverso la presenza dello Spirito Santo che pone fine alla divisione e, proprio nella predicazione del Cristo, trova la piena unità con il popolo di Dio tanto che la presenza degli Apostoli Pietro e Giovanni indica l’unione con la Chiesa che pian piano andava costituendosi ed istituendosi attraverso il dono dello Spirito Santo anche in quei luoghi.
Per noi oggi, forse, questa sembra una semplice storia di un tempo, ma per quei popoli fu, come si dice un vero prodigio, un miracolo, perché finalmente seppero chi fosse veramente il loro Dio.
Ecco perché è necessario come si diceva prima invocare lo Spirito Santo perché il desiderio di tanti uomini, che auspicano la volontà talvolta di poter avere un respiro dalle sofferenze della vita, che si chiedono se la vita deve essere per forza solo lavoro, casa, casa, lavoro e soldi, non possa avere uno sbocco diverso, perché quella parte di noi che aspira alla gioia e alla felicità, quella parte ludica insita nella natura dell’uomo, la gioia di vivere per cui siamo stati creati, non abbia un appiglio al quale aggrapparsi, possa trovare risposta.
E solo noi cristiani possiamo essere testimoni di questa gioia e di questa pace che anche i samaritani di oggi necessitano. “E vi fu grande gioia in quella città”.
E chiaro l’apostolo Pietro nella sua lettera. Occorre per i cristiani stare attenti e per gli altri sistemare le proprie idee, perché la vera realizzazione di una vita sta nell’adorazione al Signore.
“…adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
Cosa significa saper adorare il Signore per dare speranza alla Chiesa di oggi cioè a noi cristiani e per risvegliare con dolcezza, rispetto, retta coscienza, la speranza di chi è lontano? Significa saper amare sino alla fine, con tutto noi stessi solo e totalmente e senza sconti, Dio. Il Signore Gesù lo ha insegnato: fino alla fine ha voluto bene all’uomo tanto da abbandonarsi nelle mani del Padre durante il compiersi della sua passione e morte sul patibolo della croce. Questo è il vero culto. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità, come ricordava il Vangelo di domenica scorsa; adorare nella comunione col suo Corpo, la Chiesa, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce, anche ai nostri giorni.
Ogni tanto succede che qualcuno arrivi in questi luoghi fra l’età della giovinezza e l’età adulta e chieda di confessarsi sottolineando che nella sua vita ha il sopravvento la stanchezza, la fatica, il non senso di una vita spesa alla fine per chissà che cosa … e riscopre la necessità di avere una meta, un orizzonte, di dare uno scopo alla sua esistenza … e ritorna alla Chiesa quasi essa rappresenti l’ultimo luogo dove ha ricevuto, ha imparato l’amore, il sentirsi amato, l’amare col cuore.
Il cuore della Chiesa, il solo cuore che sa amare senza misure, che sa chinarsi sugli uomini e fa di essa una famiglia è lo Spirito Santo che ha promesso Gesù.
“Non vi lascerò orfani”.
Viene il Paraclito perché rimanga con noi per sempre.
Il Paraclito: è colui che difende la nostra causa: saper amare, volersi bene, trovare accordi amore, di sostegno nella vita quotidiana, nella vita di fede…; il Paraclito colui che ci assiste gratuitamente, che ci consola e porta avanti le grandi scommesse che il Padre compie sulla nostra vita affinchè riusciamo ad andare sempre avanti con una grande serenità interiore…; il Paraclito, colui che ci dà sicurezza perché sappiamo agire con saggezza, qualificando ciò che è veramente necessario per la nostra esistenza, senza perderci nelle vanità, riducendo la nostra stessa vita a vanità…
Il Paraclito, lo Spirito Santo che dev’essere invocato sempre perché l’arte di educare, ad esempio, non sia un semplice accontentare e talvolta un accontentarsi da parte soprattutto dei genitori, ma vera capacità di fare della propria vita un segno concreto di amore di Dio verso la persona e fra le persone; lo Spirito invocato perché i nostri pensieri che già difficilmente riescono ad avvicinarsi ai pensieri di Dio, possano almeno un po’ contenere quella volontà di bene da ricercare nella nostra vita e che corrisponde al sommo bene che Dio ha per ciascuno di noi.
Lo Spirito Santo invocato perché non spendiamo le nostre risorse personali e le risorse del creato per l’egoismo, ma per il bene personale e di tutti.
Lo Spirito Santo invocato perchè sia il Paraclito, cioè l’avvocato, il difensore, l’assistente di questa società affinchè diventi la civiltà dell’amore, del rispetto della vita, del rispetto dei veri poveri,…
“Se mi amate…”: Cristo non ci impone lo Spirito Santo, non utilizza forzature, utilizza una delicatezza ed una tenerezza nel chiederci l’adesione a Lui che sembra come tendesse la mano perché sa che tutto sommato noi, ma anche tutti gli uomini hanno e abbiamo bisogno del suo aiuto.
L’eroe individualista, cioè colui che vive senza la ricerca di aiuto dello Spirito Santo non capirà mai cosa vuol dire spendersi per gli altri. Mira al suo successo, l’uomo è fatto così da quando ha abbracciato il peccato come stile di vita.
Per questo Cristo ci chiede un’adesione forte a Lui, perché dove dimora lo Spirito Santo c’è spiritualità di donazione, perché più si conoscono i comandamenti, cioè la Parola di Dio, più si comprende la bellezza di fare della propria esistenza un dono per gli altri, si scopre la necessità di celebrare e di porre sull’altare della vita che si rinnova con l’Eucaristia, tutto il proprio mondo perché possa gustare già su questa terra la dolcezza del Paradiso.
Nella vita dove sboccia l’amore fra le persone di solito prima ci si conosce poi ci si ama.
Per Cristo, ricorda il Vangelo, la prassi è al contrario. Prima è Lui che ci dichiara il suo amore e poi s’impara a conoscerLo, perché non può esserci conoscenza di Dio se prima il nostro cuore non aderisce a Lui, cioè non ascolta la sua Parola che ci invita ad incontrarlo, proprio come è avvenuto per i samaritani. “Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna [samaritana]: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Vangelo di Giovanni – l’incontro con la samaritana)
Con questo spirito ci disponiamo ad accogliere Cristo nell’Eucaristia per innalzare il nostro quoziente di adesione a Lui e poter così preparare il nostro cuore all’accoglienza dello Spirito Santo che a Pentecoste darà nuovo vigore alla sua Chiesa e la renderà ancora capace di testimoniare dinanzi al mondo la speranza che Cristo ha annunciato con la sua vita in mezzo a noi, una Chiesa e dei cristiani capaci di mettersi in adorazione del Signore affinchè Egli possa essere ospite gradito del cuore dell’uomo e del cuore dell’umanità che cerca la vera vita che è quella che ci ha detto Gesù.
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