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Solennità dell'Ascensione. Pescantina, 4 maggio 2008

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Solennità dell'Ascensione. Pescantina, 4 maggio 2008 Empty Solennità dell'Ascensione. Pescantina, 4 maggio 2008

Messaggio Da don Giorgio Zampini Lun Mag 05, 2008 1:06 am

Due uomini in bianche vesti si presentano e dicono: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?...”
Oggi come allora forse rimarremmo anche noi stupiti e meravigliati a guardare il cielo, ma addirittura ai nostri giorni, forse, c’è ancora più necessità di guardare al cielo. Il cielo è sempre la nostra speranza, l’ultima speranza. Se pensiamo agli sguardi dei più giovani in vista di qualche verifica a scuola o in altre occasioni, prima di una partita,… se pensiamo agli sguardi dei genitori quando pur rimanendo fedeli ad un antico detto: “Chi educa, governa” e nonostante tutti gli sforzi non riescono, se pensiamo agli sguardi alcuni ammalati o sofferenti che sperano nell’aprirsi in fretta per loro la porta del cielo, quanto bisogno di cielo abbiamo in noi, quanta sete di speranza portiamo in noi!
Ebbene allora è necessario guardare il cielo, consapevoli, però, che il cielo è proprio dentro di noi ed è ben radicata la speranza che il Signore Gesù ci ha donato prima di salire al Padre suo e nostro.
“A me è stato dato ogni potere….” ed è, perciò, Lui che dà il mandato di andare per battezzare e fare discepoli tutte le genti. E cosa volete che portiamo se non la speranza e il cielo che abbiamo in noi!
Si tratta perciò di concretizzare questo potere. Potremo dire così.
Vivere e avere lo stesso potere di Cristo nell’andare agli altri come cristiani, significa saper ascoltare e fare la Parola. La nostra vita deve esprimere il più possibile la Vita quella con la V maiscuola che ci è stata donata da Dio.
Per dire: stiamo celebrando l’Eucaristia nel giorno dell’Ascensione ed ora abbiamo ascoltato questa parola; si tratta di tradurla in vita perché essa non è una favola, ma è VITA è la vita di Gesù.
E’ chiaro che questo potere non è di tutti o per tutti. Chi può dunque riceverlo veramente, in pienezza: solo chi risponde all’invito di Gesù di andare a battezzare e fare discepoli.
Significa perciò impegnarsi per fare ciò che Lui dice a noi, di perdonare, di vincere il male…
Egli si fa vicino a chi crede, ma anche a chi dubitava e invia con la speranza che la poca fede, divenga una grande fede.
Invia a battezzare, cioè invia non soltanto a compiere il rito del Battesimo, ma ad invitare a ricevere quel Battesimo dello Spirito Santo che significa la capacità di riuscire ad immergerci in Dio del cui Spirito viviamo e respiriamo.
Il battesimo nello Spirito Santo è partecipare alla vita divina della Trinità che ci permette anche a noi come a Gesù di saper compiere la volontà del Padre.
Qui scaturisce un interrogativo fondamentale e fondante per la nostra vita cristiana: tutto ciò che facciamo ogni giorno siamo veramente sicuri che corrisponda alla volontà del Padre? Noi che siamo qui, non quelli di fuori, ci pensiamo, ci crediamo che veramente ogni giorno respiriamo e viviamo dello Spirito Santo che il Signore Gesù e il Padre ci hanno donato?
Il nostro andare quotidiano, le nostre scelte, nascono veramente da un cuore che fedele al mandato di Cristo, è capace di battezzare e fare discepoli le genti? Perché, vedete, se non miriamo a questo, se non siamo fedeli a questo mandato, non capiamo più che senso ha la nostra vita cristiana.
E’ necessario allora essere nel mondo, ma viverlo con il cielo che portiamo in noi, con lo Spirito Santo che fra non molti giorni rinnoverà ancora il cuore, la vita, di chi lo vuole ricevere ancora.
“Di me sarete testimoni”: non è un libro da testimoniare, ma una vita da conoscere e rendere manifesta perché è la vita che sa sempre sperare. Anche nel momento supremo della passione, sulla Croce, non si è mai spenta la speranza.
Ecco perché se il Vangelo da una parte segna la fine della presenza di Gesù, la Parola del Padre sulla terra, la prima lettura segna gli inizi della comunità cristiana.
Luca infatti narra una nuova economia, una nuova oikou nomos, una nuova legge della casa, che non riguarda più solo il popolo eletto, o Gerusalemme con i primi apostoli, ma questa casa ricopre tutti i popoli chiamati alla fede per mezzo di Cristo.
Ed è questa economia di Dio che è chiamata a regolare le relazioni fra le persone, nella società, fra gli Stati. Dove manca questa economia, non c’è speranza, se non vaghe e vane, e si creano divisioni.
Gesù fu elevato: il verbo è al passivo ed indica che Egli compie quella che è la volontà del Padre e “si lascia prelevare da noi” per tornare allo stesso modo.
In quale modo tornerà il Signore? Forse sulle nuvole? Forse con schiere di angeli che lo accompagnano… forse chissà come?
Matteo sottolinea allo stesso modo: cioè tornerà andando per le strade del mondo con gli uomini. Questo è lo stesso modo! Inoltre quel verbo “verrà” in ebraico e aramaico non indica un tempo preciso, ma eterno. Per cui il suo venire verso gli uomini è in continua realizzazione.
Quindi Egli si sta preparando per il suo ritorno in mezzo agli uomini proprio come ha già fatto e quel giorno come già nella sua prima venuta sarà il giorno della misericordia.
Ecco che allora l’Ascensione ci lascia un compito importante e molto difficile: preparare il ritorno di Cristo cercando di essere persone attente a questo compito che Egli ci ha lasciato.
Per questo san Paolo ha voluto descrivere così la Chiesa nella lettera agli Efesini dove ricorda come Cristo sia il capo della Chiesa ed essa sia il suo corpo, il quale, libero da ogni vincolo, è chiamata a dire la via, la verità e la vita al mondo. Nel nostro modo di essere ed operare, dunque, ciascuno al suo posto e con le proprie capacità sentendosi parte della Chiesa ascolta il Capo e lavora per dare speranza agli uomini di oggi e perché chi è lontano da Cristo possa attraverso i cristiani compiere quei passi necessari per cercare di vivere la vera fede.
Dunque tutti siamo coinvolti come cristiani in questo compito, affinchè il corpo di Cristo, la Chiesa, possa essere fedele all’annuncio di Cristo con tutta la sua forza, possa essere una Chiesa viva, che sa dialogare e confrontarsi con questo mondo, una Chiesa coraggiosa e che non teme le ingerenze dell’uomo. Per questo Cristo è al di sopra di tutto e di tutti e tutto è stato posto sotto i suoi piedi e tutto ha consegnato alla Chiesa perché Egli stesso possa essere presente nella vita della società confidando in un corpo che lo sappia testimoniare bene.
Una Chiesa libera da ogni Principato, Potenza, Dominazione, coraggiosa e viva e operante perché possa essere viva e possa vivere nel cuore degli uomini il Signore che ritornerà in mezzo a noi.
Qui allora nascono altre domande che ci riguardano da vicino.
Abbiamo il coraggio di scegliere Cristo e di annunciarlo a partire dalle nostre famiglie?
Siamo consapevoli di quanto è viva la nostra Chiesa e preghiamo per essa perché non si stanchi di annunciare il Cristo Signore?
A volte sarebbe utile che i cristiani avessero un po’ di coraggio in più per condizionare le scelte anche del nostro paese, ma talvolta sembra sparire e si preferiscono altre attività all’annuncio di Cristo o comunque si fa sempre passare l’annuncio di Cristo in secondo ordine rispetto al posto che dovrebbe ricoprire. Eppure siamo cristiani.
A questo proposito facciamo un esempio: invito i genitori a vagliare bene se sanno essere fedeli al mandato di Cristo perché viene spontaneo domandarsi: perché in terza media spariscono i ragazzi il giovedì… eppure ci diciamo cristiani e si pone il catechismo che è l’annuncio di Cristo in secondo o in terzo luogo e non si riesce a cambiare… eppure siete voi i genitori cristiani che devono decidere; oppure perché quando si deve “punire” un figlio gli si vieta ad esempio di partecipare ad un ritiro spirituale privandolo dell’annuncio di Cristo invece di utilizzare altre, se si può dir così punizioni, che non mettano a repentaglio la fede dell’interessato. Eppure ci si dice cristiani!
Battezzate e fati discepoli, non allontanate da Cristo i più giovani!
Sia lodato Gesù Cristo!
don Giorgio Zampini
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